martedì 21 agosto 2012

Jezù deng ba de Myanmar

Col fisico da sollevatori di polemiche che ci ritroviamo non possiamo trattenerci dal dirvi che su Italo ci sono le formiche e che chiaramente questo è l'unico motivo per cui non voteremo Montezemolo alle prossime elezioni. Avrete capito che partiamo dall'inizio.
Dopo 12 ore con la pluripremiata ditta Qatar airlines - che Allah gli mantenga il petrolio - arriviamo a Bangkok. Ivi stazioniamo per 12 ore delle quali 8 trascorse dormendo, andando e tornando dall'aereoporto e ben 4 a cercare il ristorante sushi preferito dell'ingrid che si è, dall'ultima volta, trasferito ad un nuovo indirizzo. Sushiaro girellone. A Bangkok finalmente ci siamo riuniti ai nostri compagni di viaggio, Pamela ed Erwan, che ci hanno accolto nella famosa ErAwan guest house (ovviamente di proprietà di un lontano parente asiatico di Erwan). Qui anche Efendi e Marmaris si sono ricongiunti dopo un anno di sofferta lontananza. Struggente. Con loro siamo tornati nuovamente all'eareoporto (perchè ci mancava) alla volta del Myanmar.
Già dal primo istante a Yangon abbiamo capito che i birmani sono persone eccezionali e che non negano mai un sorriso a nessuno. Yangon, nella sua trasandatezza, nasconde il fascino dell'Asia del passato che molte capitali del sud est hanno ormai perso.
Nonostante il traffico frenetico di questa città, le persone sono molto semplici e disponibili. E' solo il tempo
che lascia a desiderare: piove ininterrottamente. Tuttavia grazie a Erwan, che entrando in un negozio per chiedere il prezzo di un iphone ne esce con utili informazioni meteorologiche su Mandalay e Bagan (nonché con meno utili informazioni genealogiche sulla composizione familiare del proprietario), ci tranquillizziamo sul clima per le tappe future.
Mandalay, capitale culturale della Birmania, ci ha intrattenuto per
due giorni con un mercato straripante di verdure e frutti mai visti, motorini, camion, monaci, carrozzelle a cavallo e "trishaw", ma soprattutto con lo scoppiettante spettacolo dei "mustache brothers" storica compagnia teatrale comica birmana le cui prese di culo al governo militare sono fruttate 7 anni di carcere al capocomico, poi liberato anche grazie al sostegno di artisti internazionali, fra cui Dario Fó.
Siamo già stipati di souvenir, acquistati in vari mercati e negozi di chincaglierie. In uno di questi ci siamo imbattutti in un commesso ubriachissimo con in collo una gallina (viva) con il quale la Pamela ha avuto un piccolo divertente alterco.
Il secondo giorno a Mandalay l'abbiamo utilizzato per scoprire quanti mezzi di trasporto possono essere presi in un unico giorno: iniziamo con un banalissimo pick up che scarica nell'atmosfera più co2 di un 747, per poi passare ad una barca a motore carica di umani-monaci-motorbike diretta all'isola di Inwa (antica dimora dei re birmani), seguita subito da un calesse che ci ha scarrozzato per 2 ore tra risaie, templi e bananeti. Poi di nuovo barca a motore e pick up 747 fino ad Amapura dove, dopo aver attraversato il ponte della foto che vedete, abbiamo ammirato il tramonto a bordo di una graziosa barca a remi. Spettacolare. Le nostre gambe le abbiamo utilizzate soprattutto per scalare una collina tramite una scalinata di <1000000000000> gradini sulla cui cima c'è un tempio con un coniglio, una rana e tanti simpaticissimi monaci. Per concludere il test sui mezzi di locomozione, per raggiungere un ristorante dove cenare, abbiamo preso un trishaw guidato dal mitico Lamiù, intellettuale pilota dalle mille conoscenze. A lui dedicheremo un post nella versione "seria" e con informazioni pratiche per viaggiatori che vorremmo pubblicare una volta a casa.
Ora, dopo dieci ore di barca, siamo arrivati nel museo archeologico a cielo aperto di Bagan. Il secondo giorno qui abbiamo noleggiato una bicicletta, visto che non avevamo ancora testato questo mezzo, e siamo andati in giro per i templi per otto ore consecutive. Se non ci credete vi mostriamo le stimmate sul sedere. Abbiamo trovato il tempo anche di girare un video di Efendi sulla cima di un magnifico tempio, suscitando lo stupore ma anche il coinvolgimento di una guida birmana che, con un evidente promettente futuro nel cinema, ci ha suggerito pose e inquadrature notevoli.
Purtroppo la connessione internet qui è troppo lenta per poter caricare il video d'essay su youtube ma attendete fiduciosi, cari efendi's fans!
Domani partiremo per il lago Inle che vi racconteremo nel prossimo post.
Minguhlaba a tutti!



2 commenti:

sipapo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
sipapo ha detto...

Scusate,ma minguhlaba è un saluto beneaugurante,perchè pure la Merkel ha salutato il popolo greco così...